Il dopo Renzi sembra ancora un polverone magmatico che attende il suo Efesto per essere modellato e prendere la forma che meglio si addice alla situazione e al momento, cosi il partito democratico orfano del suo leader anche per volere del popolo, si prepara a entrare nella ennesima fase di transizione.
Renzi per ora non sembra preoccuparsi troppo del vento che gira e come un camaleonte si prepara a cambiare pelle, dal Renzi rottamatore al Renzi premier di rottura, si arriva oggi alla fase tre: Matteo l'uomo dei tatticismi che mette in campo il suo know politico, forte dei tanti anni di militanza nei circoli in cui, a suo dire, si è fatto le ossa.
Già a vent'anni si mette in mostra per le sue qualità da stratega, in grado di impostare il suo operato in maniera tattica, schivando le discussioni sostanziali, più che un politico sembra essere un personaggio, uno che non ha paura delle sfide e che anzi le cerca, le affronta di petto, sicuro di poterle sempre superare.
Una sorta di atteggiamento che gli storici definirebbero decisionistico, che mette in campo una forma di dittatura costituzionale destinata a emergere durante i cosiddetti "stati d'eccezione".
Da politico di livello percepisce e sa che con il proporzionale i voti si contano nelle urne e poi, a elezioni terminate, si mettono sul piatto della bilancia per avviare le trattative. L'idea è che del "dopo Renzi" poco si sappia, i rumors propendono sull'idea che lui abbia in mente di far nascere un nuovo partito, formato dai suoi fedelissimi ma non cosi forte da poter sopravvivere da solo e quindi alla costante ricerca di alleati, a sinistra nell'ala vicina a Pisapia, al centro tra in devoti Alfaniani e a destra da Berlusconi escudendo la Lega.
Intanto però, grazie alle numerose riconferme, avrà il tempo di tornare in campo organizzando con largo anticipo le sue truppe, forte della presenza delle sue sentinelle al governo, che tanto ingombro hanno creato al governo Gentiloni, procurandogli un evidente "impasse", sarebbe stato forse meglio un'armata di carneadi piuttosto che di globetrotters sempre pronti a saltare sul carro dei vincitori?
L'esito della batosta del governo Nazionale, arrivata dopo il referendum, si è sentita anche il Sardegna, in cui un già precario governo Regionale è andato incontro alla burrasca senza neppure avere il tempo di ammainare le vele e cosi, in balia del proprio immobilismo, sembra attendere solo la stoccata finale.
Renzi per ora non sembra preoccuparsi troppo del vento che gira e come un camaleonte si prepara a cambiare pelle, dal Renzi rottamatore al Renzi premier di rottura, si arriva oggi alla fase tre: Matteo l'uomo dei tatticismi che mette in campo il suo know politico, forte dei tanti anni di militanza nei circoli in cui, a suo dire, si è fatto le ossa.
Già a vent'anni si mette in mostra per le sue qualità da stratega, in grado di impostare il suo operato in maniera tattica, schivando le discussioni sostanziali, più che un politico sembra essere un personaggio, uno che non ha paura delle sfide e che anzi le cerca, le affronta di petto, sicuro di poterle sempre superare.
Una sorta di atteggiamento che gli storici definirebbero decisionistico, che mette in campo una forma di dittatura costituzionale destinata a emergere durante i cosiddetti "stati d'eccezione".
Da politico di livello percepisce e sa che con il proporzionale i voti si contano nelle urne e poi, a elezioni terminate, si mettono sul piatto della bilancia per avviare le trattative. L'idea è che del "dopo Renzi" poco si sappia, i rumors propendono sull'idea che lui abbia in mente di far nascere un nuovo partito, formato dai suoi fedelissimi ma non cosi forte da poter sopravvivere da solo e quindi alla costante ricerca di alleati, a sinistra nell'ala vicina a Pisapia, al centro tra in devoti Alfaniani e a destra da Berlusconi escudendo la Lega.
Intanto però, grazie alle numerose riconferme, avrà il tempo di tornare in campo organizzando con largo anticipo le sue truppe, forte della presenza delle sue sentinelle al governo, che tanto ingombro hanno creato al governo Gentiloni, procurandogli un evidente "impasse", sarebbe stato forse meglio un'armata di carneadi piuttosto che di globetrotters sempre pronti a saltare sul carro dei vincitori?
L'esito della batosta del governo Nazionale, arrivata dopo il referendum, si è sentita anche il Sardegna, in cui un già precario governo Regionale è andato incontro alla burrasca senza neppure avere il tempo di ammainare le vele e cosi, in balia del proprio immobilismo, sembra attendere solo la stoccata finale.